Scritto da Piero Messina
Sbagliano al Cremlino se qualcuno pensa che l’Italia diventerà l’anello debole dell’Ue nei confronti della Russia. La coalizione di centrodestra ha vinto le elezioni del 25 settembre. Un successo ben oltre le aspettative di Giorgia Meloni, l’appassionata di destra cresciuta nel mito del fascismo “buono” e Tolkien come leader naturale. Il centrodestra che si appresta a governare l’Italia è formato da tre diversi gruppi politici. Il vero vincitore della contesa sono i “Fratelli d’Italia”, il partito fondato poco più di dieci anni fa da Giorgia Meloni, Ignazio La Russa e Guido Crosetto. Eredi della tradizione postfascista, le donne e gli uomini guidati da Meloni sono sempre stati ai margini della società. Sono gli eredi della tradizione del Movimento Sociale Italiano, il partito che venne liquidato a metà degli anni Novanta dopo il rifiuto della nostalgia di Mussolini.
A fianco di Giorgia Meloni ci saranno Matteo Salvini della Lega e Silvio Berlusconi, di Forza Italia. Solo Salvini, nel recente passato, ha rivendicato una posizione diversa rispetto alla Russia, chiedendo l’abolizione delle sanzioni in quanto dannose per l’economia italiana. Anche Berlusconi – vecchio amico del presidente russo Vladimir Putin, quando il presidente russo era elogiato dalle cancellerie occidentali – a volte sembra rimpiangere quel passato. A pochi giorni dalle elezioni, conduttore di un talk show sul principale canale televisivo italiano, Berlusconi ha fatto tremare la diplomazia occidentale, giustificando l’operato del presidente russo: “Le truppe russe dovevano entrare e in una settimana sostituire il governo Zelenksy con persone per sempre e torna indietro”. Il concetto di sostituire Zelensky con “gente perbene” ha fatto infuriare Washington e gli alleati occidentali dell’Italia.
Il partito di Giorgia Meloni ha la maggioranza relativa: ogni scelta sulla composizione del governo, sull’assegnazione dei ministeri chiave spetterà quindi a Giorgia e al suo nucleo di fedelissimi. Ma è ancora una sovranità limitata. Le gravi condizioni finanziarie dell’Italia non consentono spazi di vitalità politica. Colonia di Bruxelles e ancorata al destino dell’industria metalmeccanica tedesca, l’Italia, con o senza Meloni, non può che assecondare i desideri di Bruxelles e della Nato. È in gioco la sopravvivenza stessa del Paese, sempre più a rischio di implosione economica e sociale. Non è un caso, quindi, che la commissaria Ue Ursula Van Der Leyen, alla vigilia delle elezioni, abbia invitato gli italiani a votare bene. Nessuno spazio per sovranità e veti sulle sanzioni contro la Russia. Van Der Leyen ha minacciato di tagliare i fondi europei all’Italia,
Sempre per chiarire chi comanda, il Dipartimento di Stato Usa ha diffuso, a dieci giorni dal voto, un rapporto sui presunti finanziamenti russi ai partiti occidentali. Insomma, una sorta di Cremlinogate per influenzare il voto italiano. La nota di Washington parlava di circa 300 milioni di dollari investiti tra il 2014 e il 2021. Ovviamente tutti i media italiani hanno pensato a finanziamenti per la Lega di Salvini (storicamente legata al mondo russo) e il partito Meloni. Ma lo scoop si è presto sgonfiato: il Dipartimento di Stato ha chiarito che non ci sono partiti o figure politiche italiane tra i beneficiari dei rubli di Putin. Allora perché il Dipartimento di Stato ha lanciato quell’allerta alla vigilia delle elezioni italiane? Sembrava la classica minaccia mafiosa. Un memento mori rivolto a chi, vincendo le elezioni, dovrà governare l’Italia.
Tra i protagonisti del nuovo assetto di governo, un ruolo di prestigio sarà ricoperto da Ignazio La Russa. È già stato ministro della Difesa, è il politico che ha concluso il protocollo d’intesa con gli Stati Uniti per la realizzazione della quinta antenna del sistema MUOS nel cuore della Sicilia. La Russa è considerato un falco filoamericano. Se ne parla ampiamente nelle fughe di notizie rubate da Julian Assange. Era il 2009 e La Russa, allora ministro della Difesa, era pronto a partire per gli States dove avrebbe incontrato l’allora segretario alla Difesa Robert Gates. L’ambasciata americana a Roma emette il cablogramma top secret, classificato 09ROME1132. Il destinatario è il signor Gates. Ecco come viene descritto La Russa: “a differenza dei suoi numerosi colleghi di governo, è stato un accanito sostenitore di un forte sistema difensivo e di solide operazioni all’estero,
Avvocato di professione, La Russa è un astuto stratega politico, il cui aspetto e comportamento piuttosto brusco nascondono un’intelligenza acuta e una piena padronanza dei dettagli. Nonostante sia spesso accusato di essere più attento ai partiti politici che alla dirigenza militare, La Russa è un convinto difensore dell’aumento delle spese militari e delle maggiori protezioni per le truppe italiane sul terreno, ed è popolare tra le forze armate. La Russa, una rarità in Europa, è un grande sostenitore della missione Nato in Afghanistan e non ha paura di esporre pubblicamente la necessità di continuare l’impegno dell’Italia in questo Paese. Grazie in gran parte alla sua ferma difesa pubblica, la missione Isaf resta una priorità italiana di primo livello”.
Con tali amici di viaggio, dunque, Giorgia Meloni aveva compreso fin dall’inizio della campagna elettorale la necessità di cancellare ogni ombra russa sul suo passato. Intervistata dalle emittenti britanniche e statunitensi, il prossimo primo ministro italiano ha giurato fedeltà alla Nato, garantito sostegno alle sanzioni contro la Russia e confermato che l’Italia rimarrà in prima linea nella fornitura di armi al governo di Kiev. Una bella delusione per chi immaginava un nuovo corso che non fosse appiattito sul dogma della linea atlantica. Mosca non aveva tutti i torti nell’immaginare un cambio di rotta per il governo italiano. Giorgia Meloni era già al governo, nel 2011, quando il capo del governo italiano era Silvio Berlusconi. Alla guida dei Fratelli d’Italia da oltre dieci anni, dal 2014 in poi Meloni aveva sempre contestato le sanzioni alla Russia e si era distinta per una linea politica anti-euro e anti-Europa. Oggi tutto è cambiato. Perché, come ricorda un vecchio saggio italiano, il potere logora chi non ce l’ha. E dopo trent’anni trascorsi all’opposizione, Giorgia Meloni e le sue compagne di viaggio vogliono tutto e lo vogliono subito. Anche negando il loro passato.
Grazie a SaDefenza