Tutti andremo paradiso, non esiste un inferno eterno

Il testo si oppone al concetto di dannazione eterna insegnato tradizionalmente da varie istituzioni religiose, in particolare dalle Chiese cattolica e protestante. Il testo sostiene che l’inferno non è un luogo fisico, ma piuttosto uno stato di coscienza che può cambiare in base allo sviluppo e alla consapevolezza dell’anima. L’autore sottolinea che la sofferenza sulla Terra, come la malattia o la guerra, può riflettere questo stato “infernale”, ma non è permanente.

Il testo critica le dottrine del tormento eterno e della predestinazione, suggerendo che sono radicate nella paura e nella manipolazione delle autorità religiose, che usano queste idee per controllare i credenti. Il testo sottolinea che gli insegnamenti originali di Gesù di Nazareth si concentravano sull’amore e sulla riconciliazione piuttosto che sulla punizione. L’idea dell’inferno come stato eterno è ritenuta incoerente con un Dio benevolo e l’autore fa riferimento a passi biblici che implicano la restituzione di tutte le anime a Dio, contraddicendo la nozione di separazione eterna.

In definitiva, il testo promuove la convinzione che tutte le anime alla fine torneranno a Dio, sostenendo una comprensione compassionevole dello sviluppo spirituale piuttosto che la paura della dannazione eterna. Il testo si conclude incoraggiando gli individui a cercare la riconciliazione e a vivere secondo i principi di amore e compassione articolati negli insegnamenti di Gesù.

Chi ha orecchie per intendere… intenda.

Grazie a Edi Maurer.

 

 

 

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