Roberto Morini (fisico nucleare e filosofo)
25 agosto 2019
Sono certo che tutti conoscano la naturale tendenza delle piante d’appartamento di protendere rami, foglie e fiori verso la luce. Era l’estate del 2004, quando mi accorsi, con non poco stupore, che una rigogliosa e folta pianta di Pothos (Epipremnum o Scindapsus, Aureum, della famiglia delle Aracee) si comportava, stranamente, in modo totalmente opposto. Anziché tendere normalmente verso la luce, era sviluppata, in modo preponderante, verso la parte in ombra e, non solo. Il sostegno, dapprima centrale, infatti, ora lambiva il bordo del vaso, spostato dalle radici nella medesima direzione, di ben quindici centimetri.
A una prima analisi superficiale, trovare la causa di quest’apparente anomalia fu semplice: nei pressi della pianta c’era solo una ciotola in legno con dentro cinque cristalli di quarzo ialino, monoterminati (cioè con una sola punta) e tutti rivolti verso l’alto, di cui ritenevo di conoscere a fondo le proprietà (chiunque può ripetere il semplice esperimento).
Avevo appena letto gli studi del geologo australiano James Maxlow sulla “Tettonica d’Espansione” (proponendomi di tradurli e pubblicarli in italiano, cosa che feci in buona parte solo nel 2010) e, associare lo spostamento del sostegno centrale della pianta, alla deriva dei continenti fu inconsciamente quasi automatico. Il problema era come dimostrarlo, anche perché la teoria di Maxlow, sebbene ampiamente supportata e più plausibile della “Tettonica a Zolle”, assegnava le cause dell’espansione alle dorsali medio oceaniche quando, invero (evidenze che avrei verificato in seguito), erano e sono tuttora gli effetti di una “trazione” (le dorsali si potrebbero anche definire “strappi”) provocata dall’energia. La stessa che aveva indotto lo spostamento del sostegno della pianta.
Fatte le doverose, minime, verifiche strumentali con galvanometro e geomagnetometro, per assicurarmi sulla presenza o meno di nodi (Hartmann e Curry), intanto che continuavo a spostare i cristalli, sempre nella zona in ombra, per verificare se la pianta continuasse a risentire effettivamente della loro influenza, cominciai ad approfondire le mie conoscenze sul “Cardo Mundi” e sul “Decumanus (entrambi conosciuti anticamente, tanto che i Romani chiamavano Cardo e Decumano le vie principali delle città)”, sulle “Ley Lines (teorizzate nel 1921 da Alfred Watkins)”, sulle “Linee Sincroniche (apprese attraverso il libro di Oberto Airaudi del 1998)”, fino ad approdare alla “Griglia globale (concepita inizialmente da Ivan P. Sanderson, ampliata da tre scienziati russi: Nikolai Goncharov, Vyacheslav Morozov e Valery Makarov e, infine, completata nella sua simmetria da William Becker e Bethe Hagens, da loro denominata: Unified Vector Geometry 120 Polyedron, ovvero UVG 120 “Earth Star”)”.
Un lavoro che inizialmente, in apparenza, mi era sembrato abbastanza semplice ma che, alla fine, avrebbe prodotto una mole di dati da capogiro. Ovviamente utili a rispondere alle mie domande che lievitavano man mano che procedevo.
Concentrato sul territorio nazionale di cui conoscevo le caratteristiche: «L’Italia sta ruotando verso la Jugoslavia e l’Adriatico tende a chiudersi (Focus 26/06/2002)», avevo da poco individuato le possibili cause nelle due linee di Griglia che percorrevano la penisola longitudinalmente, convincendomi che avrei dovuto trovare dei riscontri anche a livello continentale.
Fortuna volle che m’imbattessi in un articolo di David Wilcock del 17/11/2005 (nuovo link aggiornato) che mi spianava quasi completamente la strada. Lo ricopiai nelle parti d’interesse, aggiungendo le mie note e le considerazioni che avevo fatto sull’Italia che, alla luce delle precise dimostrazioni di David, assumevano molta rilevanza. Lo pubblicai poi sul mio blog, dove rimase per quasi un anno, fintantoché non decisi di chiuderlo per i troppi impegni che richiedeva.
Evidentemente, nel frattempo, qualcuno deve averlo copiato e ripubblicato, perché a distanza di quasi dieci anni l’ho ritrovato, con grande sorpresa essendomene ormai dimenticato, su un libro (“La Terra non è una Sfera”) scritto dal filosofo Fabrizio Gennari che addirittura gli ha dedicato un intero capitolo. Si può immaginare la sorpresa, quando più di un anno fa (precisamente il 25/12/2017) ho ricevuto, per e-mail in file allegato, il libro chiedendomi se potevo fare una presentazione prima di mandarlo in stampa.
Da allora, ho pensato spesso a queste precise dislocazioni segnate, con tutta evidenza, dalla Griglia Globale e, nei ritagli di tempo, mi sono nuovamente immerso in quella mole di dati, con la netta sensazione che qualcosa d’altrettanto importante mi fosse sfuggita. Ora, ripresento l’articolo, spurio della premessa e dei commenti iniziali, per terminare con le nuove acquisizioni. Al più, che ho anche la possibilità di utilizzare un testo dell’articolo di David, già tradotto in italiano da Mauro Carfi. Essendo quasi simili le traduzioni, mi evita l’onere di digitalizzare tutto, non avendo più la copia originale (tranne ovviamente la parte riguardante l’Italia che non è presente).
Ecco la sintesi dell’articolo:
Risparmiando al lettore le complesse dinamiche che alimentano e reggono quest’altrettanto complessa rete energetica, è interessante osservare come i continenti si siano dislocati, o stiano disponendosi, in modo tale da uniformarsi a questa geometria vettoriale.
Dovrebbe essere visibile per “chi ha occhi per vedere” che la Griglia Globale sta ovviamente dando forma a queste strutture continentali. Se si osserva il sud dell’America, per esempio, si può vedere l’effetto molto ovvio di questo specifico “triangolo della griglia”, nel dare letteralmente forma al continente intorno a sé.
Osservando il vertice più a sud dell’America meridionale, si può vedere come la forza del nodo numero 58 spinga la terra lontano dalla sua normale tendenza verso sud costringendolo a est. Poi, se si osserva il nodo 49, a metà della Costa Est del Sud America vicino a Rio de Janeiro, si può chiaramente osservare come la forza del nodo abbia spinto la terra del continente fino a creare una forma tondeggiante.
Osservando l’Australia, inoltre, si può chiaramente vedere come l’intero continente, e specialmente il lato nordoccidentale, si formi con estrema precisione all’interno delle forze traenti di quest’area della Griglia Globale. Se si osserva il centro esatto del nord dell’Australia sul punto 27, si vede un “punto nodale” circolare che dispone la terra intorno a sé e forma il Golfo di Carpenteria. Ancora una volta, i nodi stessi hanno modellato la terra in “vortici” circolari, respingendo la massa continentale e, in questo caso, dando forma anche al profilo dell’isola direttamente sopra l’Australia. Il nodo 44, inoltre, è allineato precisamente con il fondo dell’Antartide, e vediamo come il bordo penda alla sua destra o alla sua sinistra. Secondo Richard Lefors Clark, questa è la configurazione energetica a “papillon”, che lui definisce “vortice di energia diamagnetica”, che si evidenzia nella massa continentale Australiana. Clark ci mostra anche che il Golfo del Messico segua questa stessa organizzazione energetica ricurva, così come le due linee costiere del continente statunitense.
Poi, osserviamo l’Africa, e vediamo l’azione combinata di due triangoli più grandi, uno col punto rivolto in basso nel continente africano e il suo vicino rivolto verso l’alto, che circonda l’oceano Indiano. Il triangolo rivolto verso il basso descrive certamente bene l’Africa, e la terra extra sul lato occidentale può essere spiegata dalla pressione proveniente dalla cresta Meso-Atlantica, che è quasi la stessa della linea atlantica della griglia formata dai punti 10, 19, 37, 38 e 50. Le coste orientali dell’Africa e dell’Arabia Saudita seguono il lato orientale del triangolo, sulla linea della griglia tra i punti 41 e 12. Possiamo vedere anche, come il punto nodale 22 prema delicatamente sulla costa est dell’Africa, causando sul suo tracciato un ritiro verso l’interno e modellando il bacino Somalo. Le “fratture” che separano l’Africa e l’Arabia Saudita sono state causate dall’espansione della Griglia, costringendo prepotentemente la terra ad allinearsi. La “frattura” immediatamente a sinistra del punto 12 segue esattamente la linea della Griglia. E, infine, si può chiaramente vedere come il triangolo col punto rivolto in alto si ritagli lo spazio proprio in mezzo alla terra, con la costa africana a definirne il lato sinistro e la costa indiana a definirne quello destro.
Nell’illustrazione qui sopra, possiamo vedere come il punto 21, nel centro del continente africano, lavori con il suo partner in alto a sinistra, il punto 20, per fornire la struttura per il vortice d’energia a “papillon” che ha modellato la costa nord-ovest dell’Africa. Il punto 20 è l’unico “vortice vile” che si trovi significativamente sulla terra ferma; il 41, vicino al Sud Africa, e il 42, vicino all’India, sono gli unici altri punti che toccano terra! Questo è dovuto probabilmente all’incredibile forza che posseggono, che sembra respingere la terra ferma. Possiamo vedere come la costa nord-ovest dell’Africa sia effettivamente molto circolare e come il punto 20 si trovi direttamente nel centro di questo “papillon” di energia.
Di nuovo, vediamo il “vortice di energia diamagnetica” a forma di “papillon” del dott. Lefors Clark che dà forma curva alla parte emersa. Possiamo anche vedere la stessa formazione ricurva creata dalla costa est dell’India e dalla costa ovest dell’area asiatica della Cina/Corea/Vietnam. Il vortice è equilibrato tra i punti 24 e 13. Teniamo a mente che queste lisce curve illustrano la natura spiraliforme delle superstringhe che compongono questi campi di energia geometrica, qui espresse come linee spiraliformi di forza magnetica.
Tornando alle informazioni del dott. Clark, possiamo osservare nuovamente il continente sudamericano. Non solo sta perfettamente all’interno del “Triangolo della Griglia”, ma possiamo vedere ancora un altro esempio di questa energia circolare a forma di “papillon” all’opera nella reale forma del continente stesso. Questo “papillon” è quasi centrato all’interno del diamante formato dai punti 18, 35, 37 e 49. Abbiamo già visto il “vortice vile” africano dare forma a un “papillon” altrettanto grande nei diagrammi precedenti. Lo scostamento del continente sudamericano dal centro preciso di questo “diamante” può essere di nuovo imputato alla spinta della Cresta Meso-Atlantica, che segue le linee della Griglia Globale con precisione impressionante.
Riguardando la mappa di Becker & Hagens, ci viene piuttosto facile vedere come questa linea demarchi chiaramente la separazione tra i continenti, proprio come la Cresta Meso-Atlantica è il punto d’espansione tra le due placche continentali.
Abbiamo appena esaminato le formazioni circolari di energia provocate dalla Griglia nell’area asiatica dell’oceano Pacifico. E qui, possiamo vedere quello che accade quando disegniamo un “grande cerchio”, basandoci strettamente sulle formazioni insulari nell’area Filippina del Pacifico Asiatico. Qui possiamo vedere che è chiaramente visibile un campo gravitazionale ellittico quando si colloca il centro direttamente nel nodo 15.
Se usiamo un qualsiasi programma di editing grafico e “estraiamo” un’ellisse utilizzando il punto 15 come centro, possiamo effettivamente allinearlo precisamente alle formazioni insulari all’estremo ovest del nostro diagramma. Possiamo provare altri punti oltre al 15 come centri, ma l’ellisse non combacerà mai tanto precisamente come in quel punto.
Immediatamente, dovremmo vedere che questo grandissimo vortice d’energia pare essere la più chiara controparte per la Griglia dell’Anello di Fuoco, che è un anello di vulcani e attività tettoniche che circondano l’oceano Pacifico. Se guardiamo attentamente quest’anello della Griglia, possiamo vedere come rappresenti la perfetta fusione fra i continenti e la Griglia Globale. Procedendo in senso orario dalle ore 12:00, l’anello toccherà perfettamente un “quadrato” di punti della griglia, in altre parole i punti 7, 31, 27 e 5. (Il punto nodale 27, vicino all’Australia, è l’unico che non è toccato esattamente, e questo significa instabilità).
L’instabilità dell’Italia in base alla forza delle linee di Griglia
Le due linee rosse (quella più marcata tra i nodi UGV 1 e UGV 10 presenta una maggiore influenza rispetto all’altra) sono responsabili dell’andamento dinamico che vede l’Italia sempre più spinta verso la ex Jugoslavia. A questo movimento va aggiunto il fenomeno di “oceanizzazione” (allargamento del bacino) del Mediterraneo così come rilevato dall’INGV. Come risultato finale, il mare Adriatico dovrebbe trasformarsi in uno o più laghi salati, innalzando conseguentemente il livello delle acque fino a una quota superiore, rispetto a quella attuale, di 200/300 mt (in base ai volumi approssimativi coinvolti). I tempi per il raggiungimento di questo nuovo equilibrio, restano chiaramente lunghi, anche se, geologicamente parlando, sono molto veloci. In ogni caso, non si può prudentemente escludere il concorso di altri fattori, estranei al normale fenomeno in atto, che possano trasformare questi tempi in un “battere di ciglia”, come la storia geologica ampiamente insegna (Ward & Brownlee, “Rare Heart: Why Complex Life is Uncommon in the Universe” – Rampino & Stothers, Nature n° 308/1984 – Michael W. Weir, Nexus 2009 – R. C. Leonard “Paleonthological Testimony: The Pleistocene Extinction” – T. A. Badger “Tunnels Bare Ancient Past”).
Ed ecco le nuove acquisizioni e deduzioni.
La conferma sulla prevista instabilità dell’Italia ci giunge da un recentissimo «studio pubblicato su MDPI (Received: 28 January 2019/Accepted: 12 February 2019/Published: 15 February 2019), i ricercatori Gregorio Farolfi (Dipartimento di Geoinformazione, Istituto Geografico Militare (IGM) e Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Firenze), Aldo Piombino e Filippo Catani (Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Firenze) hanno presentato una mappa dettagliata del movimento tellurico in Italia derivata dalla combinazione del Sistema satellitare globale di navigazione (GNSS) e dal radar ad apertura sintetica (SAR). Queste sono due delle più utilizzate tecniche geodetiche spaziali per studiare la deformazione della superficie terrestre. Entrambe le tecniche forniscono gli spostamenti rispetto a diverse componenti della posizione del punto di terra. I risultati di questo studio forniscono nuove informazioni sulle complesse geodinamiche coinvolte nella penisola italiana e sui movimenti locali… L’Italia è anche influenzata dalla frammentazione della placca adriatica in 3 parti distinte (occidentale, nordorientale e sudorientale), quindi le principali cinture sismiche sono collocate lungo i limiti di queste 3 “sotto-placche”… La mappa derivata dalla combinazione dei dati SAR e GNSS presenta nuove e importanti informazioni riguardo le geodinamiche della penisola italiana. I risultati dimostrano chiaramente che l’asse appenninico costituisce un chiaro confine tra un’area lungo il Tirreno che è abbastanza stabile rispetto alla placca dell’Eurasia e un settore orientale con una componente di 3-5mm/a verso nord-est.
In questa cornice, le Alpi occidentali, la Corsica, la Sardegna e lo stesso Tirreno mostrano basse velocità residuali. La maggior sismicità dell’Appennino Centrale è annidata lungo il limite isocinematico (limite tra due zone di diversa cinematica). Questa differenza di velocità tra la placca adriatica occidentale e le sue controparti nordorientali e sudorientali aumenta progressivamente verso sud. Le velocità sono persino maggiori in Sicilia: tutta l’isola si sta muovendo verso nord-nordovest a circa 5mm/a rispetto alle parti stabili dell’Europa, ma il settore tirrenico calabrese si sta muovendo verso nord-est a circa 3,5mm/a. Di conseguenza, la maggior parte della Sicilia e il complesso costituito dalla Sicilia nordorientale e da tutta la Calabria si stanno allontanando di oltre 2mm/a nella componente orientale (link all’articolo completo del 18/02/2019)».
In via generale, riporto un articolo del 26/06/2002 che non è aggiornato come il precedente ma che dà un’idea dei movimenti rilevati che coinvolgerebbero regioni e continenti: «L’Antartide si muove di mezzo centimetro l’anno verso l’Australia. A sua volta l’Australia va verso l’Asia, a 7,5 centimetri annui: se continuerà così, si salderà con l’Indonesia e le Filippine. La placca del Pacifico centro-occidentale si muove di 11 centimetri l’anno verso nord-ovest (Eurasia), mentre la parte orientale del Pacifico si allontana in direzione opposta, verso est, alla velocità di 6 centimetri. La parte centrale e orientale dell’Asia punta a est, verso l’America, a 2-3 millimetri annui. L’India continua a premere sul continente a nord (5 centimetri l’anno), causando un continuo innalzamento dell’Himalaya. L’America del Nord va a sud-ovest a 2 centimetri e mezzo l’anno. L’America latina continua, a 3 centimetri annui, il movimento verso ovest che la separò dall’Africa circa 65 milioni di anni fa. L’Africa si muove verso nord, schiacciando il Mediterraneo: Africa ed Europa si avvicinano di 2 centimetri ogni anno. Il vecchio continente si muove verso nord est di pochi millimetri l’anno. Infine, l’Italia sta ruotando verso la Jugoslavia e l’Adriatico tende a chiudersi (link all’articolo)».
Le deduzioni chiamano in causa la “Tettonica di Espansione” validandola completamente, tranne un particolare: viste le evidenze, non sono i sessantamila chilometri di dorsali medio oceaniche che provocano lo spostamento graduale di continenti e regioni, ma gli effetti della Griglia Globale, a sua volta sollecitata dai Solidi cosiddetti Platonici (Platone non li ha concepiti direttamente, ma li ha ereditati da una conoscenza millenaria che va ben oltre le origini dell’antico Egitto).
Ora, affinché possano sussistere detti Solidi, è necessario che siano contenuti in un corpo sferico, o meglio, i Solidi stessi generano energicamente, col loro movimento, la sfericità di un corpo. Questo si riallaccia a quanto già da me esposto in Mondi solo ai Poli, non “Oltre i Poli”, laddove distinguo, in base agli ampi riscontri dal passato più remoto fino a oggi, unitamente alle evidenze, alla documentazione ufficiale e a una mole di report scientifici che nessuno prende in considerazione: l’Ecumene geografica piatta, dall’immensa “struttura semisferica” che la supporta e di cui fa parte integrale. Alla luce di quanto appena espresso, è ovvio assumere che la Griglia, così come concepita e presentata, non sia completa pur manifestando perfette simmetrie, ma rappresenti un’infinitesima parte di un inscindibile ben definito. Questo, tuttavia, non è argomento di quest’articolo. Qui, per restare in tema, una particolare riflessione è d’obbligo ed è bene anticiparla, introducendo una breve serie di testimonianze riportate qua e là.
«Accadde che nel 1968 un pilota in volo sopra Bimini, scoprisse una struttura sottomarina che poi fu chiamata la Strada di Bimini. È questa una struttura artificiale che prosegue per alcune centinaia di metri ed è stata studiata dal prof. Manson Valentine dell’Università di Miami».
«Nel 1995 sono state scoperte strutture vicine alla costa del Giappone e a Okinawa, che potrebbero essere i resti di un castello. L’architettura assomiglia a quella di alcuni castelli ancora presenti sulla Terra. I siti sono studiati dal prof. Masaki Kimura, biologo marino dell’Università di Ryukyu a Okinawa. Kimura pensa che queste strutture siano state create da una civiltà perduta e a prova di questo hanno trovato anche delle strade». «Nel marzo 1995 in un altro punto nelle acque di Okinawa, dei sommozzatori hanno scoperto i resti di un’antica città, che continuano per un’area di centinaia di chilometri quadrati. Hanno scoperto delle strade, dei viali, delle strutture ad arco, delle scale di pietra. Pochi mesi dopo, lungo la costa dell’isola di Yonaguni, a 300 miglia aeree a sud di Okinawa, hanno persino trovato una gigantesca piramide».
«Nelle acque vicine alla Penisola dello Yucatan, in Messico, nell’estate del 2000, un gruppo di ricercatori guidati da Paulina Zelitsky, ha scoperto delle strutture megalitiche misteriose alla profondità di 600-750 metri, che hanno chiamato MEGA».
«Nel 2001 i colleghi della Zelitsky hanno scoperto un’altra enorme struttura di pietra nella stessa regione, tra Yucatan e Cuba, usando il sonar che ha mostrato chiare forme di strade, palazzi e piramidi. Usando dei robot sottomarini hanno anche prodotto dei video, dove si notano chiaramente strutture artificiali».
«L’Association for Research and Enlightenment (A.R.E.) ha creato un gruppo di esperti che si occupa dei resti di Atlantide nelle acque attorno a Cuba e alle Bahamas. Hanno scoperto una grande piattaforma sottomarina vicina all’Isola Andros nell’inverno del 2003. Gli scopritori hanno ipotizzato di aver trovato i resti di un antico enorme porto».
«La compagnia “Satellite Discoveries”, che aiuta gli archeologi e altri ricercatori, propone le immagini satellitari fuori dalla costa della Florida che mostrano linee rette sul suolo dell’oceano e lunghe centinaia di chilometri. Simili ritrovamenti sono localizzati vicino alla costa dell’Africa, del sud dell’America, nelle Azzorre e in Europa. Sembra essere un’enorme rete megalitica sottomarina e interconnessa da strutture simili a piramidi».
«Un team americano, guidato da Robert Sarmast, ha trovato una città con i suoi canali circolari come descritti da Platone. La città si troverebbe a 1,5 km sotto il livello del mare, coperta da metri di sedimenti, a 80 km a sud-est della costa di Cipro. Dopo una spedizione di sei giorni con il sonar, è tornato con la prova di strutture artificiali, compreso un muro di 3 km».
«Usando la stessa tecnologia sonar utilizzata nelle acque di Cipro, Il National Institute of Ocean Technology dell’India (NIOT) ha scoperto strutture sottomarine alla profondità di 6 metri nel Golfo di Cambay fuori dalla costa di Gujurat. Le esplorazioni marine hanno rivelato formazioni artificiali di almeno due città e artefatti come vasellame, gioielli e ossa umane».
Il ricercatore John Michell afferma nel suo libro “The New View over Atlantis”: «Viviamo sulle rovine di un’antica struttura la cui vasta dimensione l’ha resa invisibile».
Si evince chiaramente che, in un periodo, che andrebbe secondo la ricostruzione della scienza dal 13.000 a.C. al 9.600 a.C., la crosta terrestre, o SIAL, abbia subito l’ennesima disastrosa esperienza (per “ennesima” si veda: il Timeo di Platone a proposito del dialogo con Solone), slittando. Compiendo, cioè, una parziale “rotazione”, così gli ignorantoni che vogliono a tutti i costi che la “Terra ruoti sul proprio asse” a velocità improponibili, possono finalmente rendersi conto degli effetti che tale rotazione comporterebbe qualora esistente. Muovendosi repentinamente, intere masse d’acqua, oceaniche e non, hanno completamente cambiato la preesistente geografia, infischiandosene d’ogni pretesa, sciocca, teoria gravitazionale che vorrebbe l’acqua “incollata” ai rispettivi fondali (e, per giunta curvata in superficie!), come parzialmente dimostrato dai pochi ritrovamenti qui proposti. Spero non ci sia qualche coglione che avanzi l’idea che i megalitici reperti sommersi siano stati realizzati direttamente sott’acqua a profondità anche chilometriche! Non per nulla la prudente ripresa dell’agricoltura è stata riscontrata, dopo questo periodo, (8000 a.C. ca.), oltre i 1.500 metri di quota (si veda: Platone, Nikolai Ivanovich Vavilov e/o la conclusione di un mio precedente articolo “Terra il Grande Inganno (ultima parte)”).
Qui, la domanda intelligente da porsi è: “Se l’ha già fatto, quando lo rifarà?”, anche perché ci sono riscontri, tratti dagli autori summenzionati, sull’estinzione di massa del Precambriano che «avvenne in corrispondenza del margine del Cambriano e, secondo quanto stabilito, fu determinata da un repentino mutamento ambientale (Ward – Brownlee, “Rare Heart: Why Complex Life is Uncommon in the Universe” – 2000 p. 178)». E ancora: «13.000 anni fa… Sotto gran parte del territorio artico è sepolta un’accozzaglia congelata zeppa di resti di vari mammiferi, piccoli insetti e piante del Pleistocene. In concomitanza con lo spostamento dei Poli si produsse un catastrofico evento climatico che, nell’arco di una giornata, sovvertì le condizioni ambientali temperate dell’Artico del Pleistocene in quelle gelide che conosciamo oggi (Michael W. Weir – Quilcene – WA – USA su Nexus 2009)». A grandi linee, si parla di uno slittamento (che a tutti gli effetti, ripeto, è un movimento di rotazione anche se transitorio) di 3000/4000 chilometri avvenuti in una giornata, perciò la velocità assunta non poteva essere superiore a una media di 200 Km/h… a che velocità ruoterebbe la Terra, secondo certi mentecatti, senza ridurci a “un’accozzaglia”, o peggio ancora, senza che ce ne accorgiamo?…
Rammentando anche quanto riportato in precedenza da Focus, a proposito dei continui movimenti omnidirezionali dei continenti, per dare corpo alla domanda all’inizio del precedente capoverso, dovremmo prendere in seria considerazione anche il modello di fisica quantistica di Rod Johnson laddove «Una toroide sferica possiede la maggiore quantità d’influsso energetico alle regioni polari. Ogni Solido Platonico ha l’asse centrale di una toroide sferica che gli passa attraverso, in una forma che è molto ben bilanciata per quella particolare geometria. Questo punto di bilanciamento cambia da una geometria all’altra, provocando la necessità per i poli della toroide sferica di spostare la loro posizione. Questo è il vero meccanismo nascosto, responsabile anche dello spostamento dei poli magnetici terrestri. Lo spostamento della polarità avviene ritmicamente con il cambiamento delle intensità, o energie, emozionali. È l’intensità emozionale in una data area che causa questi spostamenti polari. E quell’intensità è semplicemente una funzione della “densità” o del grado di concentrazione dell’energia eterica stessa». Un modo scientifico, questo, di tradurre i datati ammonimenti di san Francesco: «Fai attenzione a come pensi e a come parli, potrebbe trasformarsi nella profezia della tua vita».
In buona sostanza, in un Universo, retto esclusivamente dall’Ottava in forma frattale (come ampiamente documentato dalle civiltà del passato, tuttora in bella mostra sotto i nostri occhi che, purtroppo guardano, ma non vedono), quando le emozioni (che a tutti gli effetti sono vibrazioni, ergo suono/musica) superano una certa soglia, creando un’alterazione nel tono armonico preesistente, accade un improvviso reset che riporta all’armonia iniziale, anche se l’orchestrazione “dovrà comporre una nuova musica”.
Dalla ricercata distribuzione di centinaia di monumenti megalitici e di altre strutture più modeste come certe cattedrali (si veda un dettagliato esempio), si evince chiaramente non solo l’intento di trasmettere una conoscenza atavica, impressa indelebilmente (vere e proprie enciclopedie in pietra), ma anche il tentativo di creare dei punti di contrasto all’irrefrenabile stupidità umana, che tende sempre a sovvertire l’ordine/armonia delle cose: «Le principali regioni in cui troviamo delle piramidi sono sulla longitudine 0 della Griglia della Terra (Egitto, piana di Giza), sulla longitudine di 120° (Kukulkan, Meso America, piramidi Maya e Azteche) e sulla longitudine di 240° (Giappone, piramidi sottomarine). Queste tre zone non sono una coincidenza, segnano le linee più forti di energia sulla Terra e sono definite dalla forma platonica del tetraedro». Chiaramente, nella descrizione, il primo meridiano è ricondotto alla sua vera origine, com’era prima che la smodata megalomania anglosassone lo spostasse arbitrariamente a Greenwich. Altrettanto chiara è la conoscenza delle linee e dei nodi di Griglia da parte delle antiche civiltà che hanno profuso senza sosta innumerevoli risorse per detti fini, anche se, come s’è visto, invano.
A meno ché le mappe di Google Earth non siano fatte a casaccio (e non è un’ipotesi peregrina se ci rifacciamo alle dichiarazioni di “Mr. Blue Marble” riportate nel mio ultimo articolo “Una Terra dannatamente piatta”), questi tentativi si rivelerebbero tuttora inefficaci. Possiamo osservarli confrontando la cosiddetta “Linea sacra di san Michele” comprendente sette santuari «uniti da una linea retta (link)» realizzati tra il VI e il XII secolo e «perfettamente in asse col tramonto del Sole nel giorno del solstizio d’estate festa di san Giovanni Battista (link)». Detta linea, che dovrebbe congiungere i monasteri lungo
una retta, composta dai punti: Skellig Michael (Irlanda), St. Michael’s Mount (Cornovaglia), Mont Saint-Michel (Francia), Sacra di San Michele (Val di Susa, Italia), Santuario di San Michele Arcangelo (Gargano, Italia), Monastero di Symi (Grecia) e Monastero del Monte Carmelo (Israele), si presenta ora frammentata nella mappatura di Google. Se la prendessimo per corretta, rileveremmo un considerevole spostamento, dovuto alla dislocazione dei rispettivi punti, e con tempi notevolmente brevi e preoccupanti. Tempistiche e direzioni ben diverse da quelle registrate ultimamente, soprattutto per quanto riguarda l’Italia.
Ma, noi sappiamo che, per arrotondare ciò che da sempre è stato naturalmente piatto come un pancake, la “precisione satellitare” lascia molto a desiderare… in questo caso e, solo in questo, potremmo rallegrarci della consueta approssimazione spannometrica…