Non un Pianeta
Abbiamo maturato nei confronti degli animali (certo, con particolare riguardo per quelli domestici, ma non solo) una considerazione affettiva che ci ha indotto a proteggerli con una legislazione che, per certi versi e paradossalmente, è più stringente di quella che protegge le persone. 1) Gli animali si muovono, hanno reazioni generalmente rapide e osservabili, molte specie addirittura mostrano straordinarie similitudini etologiche con il genere umano. La pubblica opinione reagisce in genere con sdegno e ripugna gli episodi di gratuito maltrattamento o di ingiustificata violenza nei confronti di questi. Che si tratti di cavalli drogati per corse clandestine, o di bovini tenuti in stalle sudice o di cuccioli di cane stipati in anguste gabbie o di un piccolo di elefante al quale i bracconieri hanno ucciso la madre, i sentimenti più comuni sono l’empatia, la commozione.
C’è motivo di ritenere che di fronte alle migliaia di cadaveri vegetali, di ogni età e specie, che si possono contare anche su una piccola superficie percorsa dal fuoco, siano veramente pochi coloro che nutrono similari sentimenti. Se è però vero che anche gli alberi sono vivi, pulsanti, sensibili, reattivi e interagenti, bisognerà prenderne atto in maniera diversa da come si è fatto finora.
E se è vero che le foreste e gli alberi sono stati “manifestazione del sacro”, occorrerà fare in modo che anche questo accresca il loro valore culturale. Forse un giorno, non sarà solo il Royal Botanic Gardens di Sydney ad avere cartelli che invitano i visitatori all’abbraccio degli alberi 2) e sarà usuale vedere gente in siffatto atteggiamento, in città, nei parchi, nei boschi e la cosa non ci sembrerà del tutto stravagante.
Sarà quello il tempo in cui ognuno avrà imparato a percorrere il bosco e a guardare agli alberi in una nuova, più giusta prospettiva.
La dimensione spirituale, religiosa delle foreste e degli alberi, ben nota e della quale pure un gran numero di autorevoli studiosi ha trattato, anche con originali e affascinanti ricerche, è la meno celebrata oggi e il riconoscimento di forme di sensibilità al mondo vegetale, che si stanno scoprendo molto più vicine a quelle del mondo animale di quanto si potesse presumere, pur indagate da tempo e oggi ormai comprovate, suscita scetticismo quando non genera ironia. L’approccio nei confronti di questa nuova “visione” degli alberi, per certi versi dirompente, non può più essere improntato allo scetticismo, ma (prendendo in prestito la regola delle “3 C” della selvicoltura sistemica) dovrebbe essere almeno «cauto nel facile giudizio, continuo nell’attenzione verso la ricerca e capillare nell’estensione dell’indagine». 3)
Il “dogma” di Aristotele (384 a.C. – 322 a.C.) che le piante abbiano un’anima ma non le sensazioni è rimasto incontestato per tutto il Medioevo, fino al XVIII secolo, quando Carl von Linné (Carl Nilsson Linnaeus 1707 – 1778), antenato della Botanica moderna, proclamò che le piante si differenziano dagli animali e dal genere umano soltanto per l’assenza del movimento. Tale concetto fu poi soppiantato all’inizio del XX secolo da un emerito biologo viennese, Raoul Francé (1874 – 1943), che avanzò l’ipotesi, allora rivoluzionaria per i fisici contemporanei, che le piante muovano il corpo liberamente e in modo aggraziato, al pari del più abile corpo animale o umano, e che soltanto la maggiore lentezza di movimenti c’impedisca di notarlo. 4) 5)
Più tardi, lo svizzero Carl Gustav Jung (1875 – 1961), ricercatore della psiche umana, psichiatra, psicoanalista e antropologo, cercò di definire “il senso dell’albero”, che a suo parere non risiedeva né nelle radici, né nell’alta chioma, ma nel misterioso flusso vitale che circola nel cuore della Terra e al disopra, nel micro come nel macrocosmo. Jung seppe cogliere, come si legge in molti suoi scritti, il senso di affinità dell’uomo con le piante: «Noi siamo piante che camminano (e non lo sappiamo), mentre le piante sono “umani con foglie e radici”, e ne sono perfettamente consapevoli».
Fortunatamente, la neurofisiologia botanica ha ormai da anni dimostrato che fiori, piante e alberi sono in grado di “sentire”, percepire luci, suoni, variazioni termiche e, la presenza, l’intenzione e il comportamento dell’uomo nell’ambiente circostante. Come ogni essere vivente, anch’essi si riproducono, imparano, si adattano, crescono, si difendono, comunicano, si muovono, seguendo tempi, leggi, norme che appartengono al loro regno in tutta la sua unicità. 6)
«Troverai più nei boschi che nei libri. Gli alberi t’insegneranno le cose che nessun maestro ti dirà (San Bernardo da Chiaravalle)». Per questo, molti ricercatori seri e qualificati sono stati e, tuttora continuano a essere, ampiamente screditati e derisi: perché l’umanità non fosse mai edotta su verità ataviche che potrebbero rivoluzionare l’acquisito concetto attraverso il quale, il Sistema, continua a imporre una sua “verità”, preconfezionata e opposta alla realtà, opportunista e autoassolvente.
«Ciò che accomuna tutte le persone di cui, presto, farete la conoscenza è una capacità rara eppure essenziale in uno scienziato: l’abilità di vedere le cose che ci circondano, in particolare, le straordinarie manifestazioni della vita, prestando loro un’attenzione partecipe … Amando le piante, ognuno di loro ha cambiato un po’ il mondo». 7)
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